Guido Barilla e gli spot con omosessuali

Ci sono da fare alcune considerazioni sulla recente vicenda che ha coinvolto Guido Barilla, presidente dell’omonimo gruppo alimentare.

Come è noto l’industriale è stato intervistato in diretta da Giuseppe Cruciani nel programma “La Zanzara” di “Radio 24” del 26 settembre. Il giornalista, con una aggressività ai limiti della mancanza di rispetto, arriva a chiedere all’intervistato se la Barilla farà mai una pubblicità con una famiglia omosessuale. Ferma la risposta di Guido Barilla “No! Noi abbiamo una cultura vagamente differente, il concetto di famiglia sacrale rimane uno dei valori fondamentali dell’Azienda.” Alle obiezioni dell’intervistatore ha poi aggiunto, riferendosi agli omosessuali: “Se a loro piace la nostra pasta e la nostra comunicazione la mangiano, altrimenti mangeranno un’altra pasta. Uno non può piacere sempre a tutti”. Nel proseguo dell’intervista, durata oltre 12 minuti, Guido Barilla si dichiara rispettoso degli omosessuali “a patto che non disturbino gli altri”, arrivando al punto di dichiararsi favorevole ai “matrimoni omosessuali”, ma contrario alle adozioni “perché questo riguarda una persona diversa dalle persone che decidono”.

In sintesi ha espresso in modo rispettoso e civile le proprie opinioni e ha comunicato la strategie di marketing aziendale a partire dai valori fondanti la stessa. L’intervistatore avrebbe potuto chiedere se nelle prossime pubblicità dei prodotti del Mulino Bianco ci saranno famiglie di colore o di immigrati, avrebbe potuto chiedere se verranno fatti dei prodotti con dosaggi adatti ai “single”; avrebbe potuto chiedere se ci sarà maggiore realismo, posto che la famiglia da sogno “Mulino Bianco” si trova solo negli spot o se le donne della pubblicità saranno maggiormente attrattive anche dal punto di vista sessuale, essendo questo ultimo uno dei cardini fondanti la pubblicità. Non lo ha fatto, si è limitato a chiedere informazioni sulla “famiglia gay”.

A questo punto cosa accade? Una importante reazione, anche su internet, da parte delle associazioni omosessuali con minaccia di boicottaggio dei prodotti Barilla in Italia e nel Mondo; reazioni che hanno costretto il manager alle pubbliche scuse con promessa di incontrare a breve “gli offesi” per capire meglio l’”evoluzione della famiglia”.

Abbiamo assistito ad un fatto grave perché non è stata fatta alcuna discriminazione, non vi è stata nessun incitamento all’omofobia, ma è stato solamente espresso il proprio pensiero. Un pensiero che rifiuta di proporre determinate situazioni con il fine di pubblicizzare comportamenti non consoni alla propria visione della vita al contrario di come fanno già da tempo aziende quali Ikea, Eatitaly e Benetton. Forse quello che da fastidio a qualcuno è la rappresentazione, sia pure idilliaca, della famiglia tradizionale formata da padre, madre e figli: si vogliono imporre altri modelli contrapposti ed alternativi a questa. Ora non è più sufficiente essere privatamente favorevoli all’omosessualità, bisogna propagandarla. Se Barilla ha dovuto scusarsi pubblicamente non lo ha fatto solamente per timore del boicottaggio da parte degli omosessuali, che rimangono comunque una minoranza, ma per timore che il boicottaggio venga attuato dalle lobby omosessualiste che siedono ai vertici delle grandi catene di distribuzione a livello mondiale con il rischio di rimanere fuori dai negozi. Se ha accettato di incontrare i rappresentanti degli omosessuali si è volontariamente sottoposto ad una sorta di “rieducazione”, rieducazione prevista dalle legge contro l’omofobia approvata recentemente dalla Camera. Ed è proprio su questa legge che bisognerebbe riflettere: se fosse già entrata in vigore a quanti mesi di carcere avrebbe potuto essere condannato il dirigente di un grande gruppo industriale italiano accusato di omofobia per una intervista radiofonica?

Marco Gabrielli

Scritto per “Vita Nuova”, settimanale di Trieste.

Questo la scansione di pagina 18 del numero in edicola il 4 ottobre 2013.

2013-10-04 Vita Nuova pagina 18 Su caso Barilla