Utero in affitto per una donna di 67 anni
- 06/10/2013
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- Marco Gabrielli
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Il 5 ottobre sul quotidiano di Trieste “Il Piccolo” è apparso un articolo che mi è sembrato opportuno approfondire. Questo il mio commento scritto per il settimanale “Vita Nuova” di Trieste. A seguire l’articolo originale.
Sulle pagine de “Il Piccolo” del 5 ottobre è apparsa la notizia che merita qualche commento.
Tre anni fa una coppia, 55 anni lui, 67 anni lei, hanno richiesto la registrazione all’anagrafe italiana di due gemelli nati in Ucraina. L’addetto, che si è visto presentare il certificato di nascita ucraino, ha segnalato il caso in Procura giudicando improbabile che una donna di 67 anni possa partorire. Ne è seguito un procedimento legale che è arrivato alla richiesta da parte del Pubblico Ministero di una condanna a 2 anni e 4 mesi. Nel giugno scorso l’assoluzione ed ora il deposito delle motivazioni.
Dalle analisi effettuate è risultato che i bambini erano figli naturali del padre che ha utilizzato un ovulo “donato” ed un “utero in affitto”, pratica legale in quel paese.
A quanto riporta il quotidiano triestino il giudice ha riconosciuto la buona fede dei genitori e si è districato nelle complesse norme dei codici internazionali cercando di salvaguardare l’interesse primario dei figli. Surreale la frase con cui il giornalista termina il pezzo: “In sostanza questi due bambini, un maschietto ed una femminuccia, hanno trovato, fin dalla nascita, una famiglia che accudisce e che pensa al loro futuro. Ed è sostanzialmente questo che conta.”
Cosa hanno trovato questi bambini? Hanno trovato un padre che avrà superato i 60 anni quando i figli andranno a scuola. Hanno trovato una madre che ha l’età di una nonna e che ha pagato altre donne per poter realizzare il suo desiderio di maternità. Hanno realizzato una cosa che è contro-natura per il semplice fatto che la natura certe cose non le permette. La natura non discrimina: ha le sue leggi e le fa rispettare. E’ l’uomo che cerca di sfuggire a queste leggi, ingannando solamente se stesso. Questi bambini hanno buone probabilità di rimanere orfani nel momento più delicato della loro esistenza.
Anche al riguardo della sentenza ci sono da fare alcune considerazioni. Ha creato un precedente: ora si sa che è possibile “importare” bambini nati sfruttando la procreazione eterologa nei paesi nei quali questa è ammessa. Giudica inoltre idoneo alla crescita dei figli la presenza di genitori in età avanzata: nessun tribunale avrebbe mai dato in adozione un neonato ad una coppia con una tale differenza di età. Chissà se ora qualcuno riterrà opportuno impugnare la sentenza avendo a cuore il futuro di quei bambini?
Si potrebbe inoltre riaprire il dibattito sulla legge 40/04 che vieta la procreazione eterologa. Qualcuno potrebbe sostenere che è un peccato dover ricorrere al “turismo procreativo”, come ha fatto questa coppia, andando all’estero per realizzare il proprio desiderio di genitorialietà. Qualcuno potrebbe sostenere che sarebbe ora che anche in Italia sia permesso “dare in affitto” il proprio corpo affinché qualcuno possa avere fra le braccia un figlio che ritiene essere proprio. C’è invece c’è da essere fieri che in Italia ci sia una legge che vieta queste procedure. Una legge discutibile, che ogni anno permette la morte di un numero di embrioni molto simile a quelli uccisi dall’aborto, ma che vieta espressamente la procreazione eterologa.
Ma quello che più preoccupa è questa perdita di contatto con la realtà, questa pretesa di aver diritto ad un figlio. Se voglio, posso. Se ho un desiderio devo poterlo realizzare. Al di sopra di ogni legge, anche a quelle imposte dalla natura.
Ho mancato di carità nei confronti di questa coppia di cui non sono riuscito a capire i desideri e che mi sono permesso di giudicare? Alla recente festa di “Vita Nuova” ci siamo ridetti quanto sia importante dire la verità, anche se può risultare scomoda.
Marco Gabrielli
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Questa la scansione di quanto apparso a pagina 15 del settimanale “Vita Nuova” in edicola venerdì 11 ottobre 2013.
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[…] L’utero, come il cuore, è un organo cavo creato per accogliere, proteggere e infine dare vita. E seppure il desiderio di dare la vita sia in sè buono, il volerlo soddisfare forzatamente non lo è. In questo, il parallelo evidenzia in modo più immediato ed efficace di molti pur validi discorsi il problema: affittare un utero significa, essenzialmente, affittare anche un cuore; poiché i nostri non sono sufficienti a “compiere l’impresa” che vorremmo portare a termine. Meglio per una donna, per ogni essere umano, orientare il proprio cuore (e tutto il proprio corpo) a qualcosa che sia entro le sue forze, che gli sia possibile e adatto, secondo la stagione della vita che attraversa – secondo la vita che gli è stata riservata. Per il bene suo e del concepito: è di quest’ultimo che si parla oggi, non per la prima volta. Ho seguito le orme di questo articolo da Facebook al blog di Marco Gabrielli, che non conosco. Lo pubblico tale e quale, per offrire un esempio in più: http://www.marcogabrielli.it/2013/10/06/utero-in-affitto-per-una-donna-di-67-anni/ […]