Intervista

Quello che segue è il testo di un’intervista di Carmelo Grassadonio che uscirà il 3 maggio sul settimanale “Vita Nuova”.

 2013-05-03 Vita Nuova

Concluse le elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia, è tempo di bilanci per tutti: vincitori e vinti. Per chi ha vinto è il tempo della responsabilità, parola desueta e ostracizzata dalla dittatura del politically correct (che preferisce la caciara del web). Per chi ha perso, invece, è il momento di tirare le fila, senza recriminazioni, del proprio impegno politico.

Per tutti, comunque, in un momento drammatico per la politica e per il paese intero, è necessario trovare parole e gesti di pacificazione.

Abbiamo chiesto a Marco Gabrielli, candidato al consiglio regionale per il Popolo delle Libertà, ed “esordiente” in politica, di raccontarci la sua esperienza.

E’ stata la tua prima discesa (o salita) in politica, e in un agone così difficile come quello delle elezioni regionali. Cosa ti ha spinto a imbarcarti in questa avventura?

Un ruolo importante lo hanno giocato la mia educazione cristiana, la presenza di una comunità viva attorno a me e di amici con cui ho potuto confrontarmi. Sono stato da sempre educato a un’attenzione verso i bisogni delle persone, per cui in un momento di crisi estrema come quello che stiamo vivendo mi sono chiesto se la mia esperienza cristiana non potesse essere una risposta al bisogno delle persone e della società.

Ti ritieni soddisfatto di questa esperienza?

Purtroppo il risultato elettorale non mi ha premiato, sebbene abbia raccolto un discreto numero di preferenze, che ritengo siano un credito di simpatia non indifferente nei confronti miei e di quanto propongo. Inoltre la campagna elettorale mi ha fatto incontrare tante persone e numerose situazioni di disagio che non conoscevo. La gente ha una grande domanda di cambiamento e alla politica chiede risposte concrete.

Rispetto a una situazione politica nazionale che ha visto l’implosione del PD, il Friuli Venezia Giulia ha fatto emergere un dato in controtendenza, con una vittoria, se pur di misura, della coalizione di centrosinistra, e un mezzo flop dell’M5S. Cosa ne pensi di questo risultato?

Il risultato delle urne è quello che conosciamo e va rispettato. Alla coalizione di centrosinistra tocca l’onere e la responsabilità di governare. Non vorrei addentrarmi in analisi politologiche complesse; direi piuttosto che, nel campo del centrodestra urge un esame franco sui motivi che hanno portato a una perdita di voti così notevole rispetto al risultato delle scorse elezioni.

Parliamo del tuo risultato elettorale. I punti caratterizzanti del tuo programma politico erano chiari e coerenti con la tua impostazione cattolica (vita, famiglia, libertà, lavoro e salute), al contrario di molti slogan generici e qualunquisti. Pensi che questa chiarezza abbia spaventato qualche elettore?

La mia candidatura voleva essere di testimonianza rispetto a un modello culturale che tende a espugnare la presenza pubblica dei cattolici. Non ho battuto il sentiero del tatticismo, delle convenienze e del seguire l’opinione dominate; non ho consultato sondaggi. Ho cercato, pur con tutti i miei limiti, di presentare non un’immagine, ma la mia persona, di cui la fede è parte fondamentale. Detto ciò, il mio programma elettorale non aveva nulla di confessionale. Semplicemente ho cercato, alla luce della mia educazione, di orientare il mio impegno politico sulla centralità della persona e su quei principi fondamentali che appartengono alla nostra tradizione e che qualsiasi uomo può riconoscere come imprescindibili per il bene di tutti. Quindi, per rispondere alla domanda, direi di ritenere che i voti che ho guadagnato con questa chiarezza siano di più di quelli che potrei aver perso.

Durante la campagna elettorale hai incontrato tante persone. Cosa ti ha colpito di questi incontri?

Questo è un punto fondamentale. Tanta gente che ho conosciuto in campagna elettorale mi ha chiamato subito dopo il voto manifestandomi il suo affetto e anche l’incoraggiamento a proseguire. E’ una cosa che mi ha fatto molto piacere e mi ha sorpreso. La gente ha una grande domanda di cambiamento e chiede competenza e responsabilità alla politica. Non è vero che sono tutti scettici e disfattisti. Molte persone mi hanno inoltre testimoniato, pur nelle difficoltà del tempo presente (sto pensando, per esempio, a chi fa impresa), una voglia di reagire e di affermare una positività.

Marco, la domanda è d’obbligo, il tuo impegno politico continua o finisce qui?

Con le oltre settecento persone che mi hanno votato ho un debito di riconoscenza che non posso lasciar cadere nel nulla. Non so ancora in quali modi e forme, ma spero vivamente che il rapporto con i miei elettori possa continuare così come un certo tipo di impegno.