Un mio articolo su La Croce

Mercoledì 11 marzo 2015 il quotidiano La Croce ospita un mio articolo “di cronaca” sulla vicenda del “Gioco del Rispetto” proposto negli asili comunali di Trieste. L’articolo contiene anche un’intervista alla psicologa investigativa Valentina Morana sull’argomento.

Questo che segue è il testo dell’articolo – intervista.

A fine pagina trovate l’editoriale di Fabio Torriero sull’argomento apparso lo stesso giorno su La Croce.

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I figli non si toccano, né fisicamente né emotivamente: questa che viene proposta è violenza”. Così scrive il 2 marzo Amedeo Rossetti, un genitore, sul sito del settimanale della Diocesi di Trieste “Vita Nuova”, al termine di un articolo che denuncia i corsi che vengono impartiti, senza previo inserimento nei POF (Piani dell’offerta formativa), senza discussione ed approvazione nei Consigli di Istituto, ai bambini della Scuola materna.

Cosa verrebbe proposto all’asilo di suo figlio? “Pari o dispari? Il gioco del rispetto” che servirebbe, è scritto sull’opuscolo informativo, «a verificare le conoscenze e le credenze di bambini e bambine su cosa significa essere maschi o femmine, a rilevare la presenza di stereotipi di genere e ad attuare un primo intervento che permetta loro di esplicitare e riorganizzare i loro pensieri, offrendo ai bambini anche un punto di vista alternativo rispetto a quello tradizionale».

Per fare questo gli alunni possono «esplorare i corpi dei loro compagni, ascoltare, dopo una corsa, il battito del cuore a vicenda o il respiro (…) Ovviamente i bambini possono riconoscere che ci sono differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell’area genitale (…) importante confermare loro che maschi e femmine sono diversi in questo aspetto e nominare senza timore i genitali maschili e femminili».

A questo articolo fa seguito, sul sito di Vita Nuova, un commento di un giornalista del periodico diocesano che spiega la gravità e la pericolosità di questi corsi destinati a bambini di età pre-scolare. Scrive Silvio Brachetta, riprendendo quanto presente sul sito www.ilgiocodelrispetto.org: “l’obiettivo reale del “gioco” è di «ridurre il gender gap» (la differenza di genere maschile e femminile). Nel commento viene sottolineato non solo l’aspetto grave, fin “immorale”, di far riconoscere ai bambini “toccando con mano” che ci sono delle differenze fisiche, ma la più grave affermazione ideologica per cui “non ci sia nulla di propriamente maschile o femminile e che, viceversa, la dimensione maschile o femminile sia un mero dato culturale.” Così conclude Brachetta: “s’insegna che è del tutto indifferente la distinzione maschile/femminile, che è del tutto normale contrastare le leggi della natura, che le medesime leggi non hanno nulla di oggettivo, che l’uomo può gestire a piacere la realtà, che non esiste una mala gestione che procurerà delle sofferenze, che non esiste una buona gestione che salverà l’uomo, che la realtà si esaurisce nella sfera soggettiva, che non esiste uno stato oggettivo delle cose e dei fatti, che il mondo è posto dunque a caso, secondo la regola del capriccio, del piccolo piacere immediato, del presente senza futuro, degli effetti senza le cause, dei risultati senza una logica. Ideologia, appunto.“

A Trieste l’iniziativa è partita dal Comune a cui il Rossetti si è rivolto chiedendo dei chiarimenti. Pronta la risposta della Vicesindaca (così si legge sul sito del Comune) Fabiana Martini che illustra i passaggi che precederanno l’avvio della fase sperimentale del progetto: l’affissione all’albo genitori di un avviso informativo sulla formazione avviata e sul gioco, la possibilità di visionare e ricevere spiegazioni, la convocazione di un collegio docenti sull’argomento, una riunione con i genitori (che si terrà l’11 marzo), la riunione del Consiglio della scuola. Inoltre è prevista l’autorizzazione scritta dei genitori favorevoli e l’organizzazione di “alternative per i bambini le cui famiglie si dichiareranno contrarie alla partecipazione dei loro figli a quest’attività”.

Nel comunicato del Comune viene anche spiegato cosa il “Gioco del rispetto” si prefigge: “L’obiettivo è quindi quello di riequilibrare quella disparità tra uomini e donne che tanti danni sta oggi creando alla nostra società, sia dal punto di vista culturale e sociale, sia dal punto di vista economico, fino a sfociare in episodi di violenza di vario tipo.” trasmettendo “il valore delle pari opportunità di realizzazione dei loro sogni personali, sia che siano maschi, sia che siano femmine.” ed abbattendo “tutti quegli stereotipi sociali che imprigionano maschi e femmine in ruoli che nulla hanno a che vedere con la loro natura”.

Nella nota viene espresso che: “Il Gioco del rispetto non affronta né i temi della sessualità, né quelli dell’affettività. Tra le proposte di gioco non ce n’è nessuna che riguardi l’educazione sessuale, né si toccano i temi dell’omosessualità, della corretta o non corretta composizione della famiglia”.

Nel dialogo a distanza la parola spetterebbe ora alla replica dell’autore del primo scritto, che però si fa attendere. Lo anticipa una nota di Stefano Fontana, direttore di Vita Nuova, che esprime tre “considerazioni generali”. Non si può far partire un progetto senza che ci sia l’approvazione di chi lo deve approvare. Se prima faccio partire il progetto e poi informo i genitori o se faccio partire un progetto senza dire niente ai genitori, poi un genitore protesta e quindi informo i genitori, posso sì dire di aver informato i genitori, ma non nei tempi corretti. Se nel progetto c’è espressamente scritto che esso riguarderà anche le dinamiche di genere e la sfera affettiva e sessuale diventa faticoso poi dire che quel progetto non le riguarda.

Il Piccolo, giornale di Trieste, il 9 marzo riprende la vicenda, dandone ampio risalto ed intervistando uno psicoterapeuta, che esprime un giudizio sostanzialmente positivo sull’iniziativa. Da parte nostra abbiamo raggiunto la dottoressa Valentina Morana, una psicologa investigativa che si occupa in particolare di pedofilia e abusi sessuali familiari, ma anche di famiglia e di affidamento condiviso. A lei abbiamo posto alcune domande in merito a questa vicenda.

Dottoressa Morana, ritiene utile che dei bambini di 3 – 5 anni “esplorino i loro corpi”, aree genitali comprese nell’ottica di evitare discriminazioni legate al sesso?

– Bisogna lasciare che la natura faccia il suo corso. A questa età la struttura psicofisica non è in grado di comprendere la sessualità e le sue azioni, lo dimostrano chiaramente gli effetti che portano i bambini abusati. Ci sono molteplici studi sullo sviluppo dell’età evolutiva, a partire da Piaget, che indicano chiaramente, l’importanza dell’assenza di stimoli sessuali esterni per il bambino fino alla pubertà. –

Ritiene che un percorso come sembra essere “Il gioco del rispetto”, prefiggendosi di voler ridurre il “gender gap” possa insinuare l’idea che il sesso è quello che uno decide di avere e non quello che si ritrova ad avere?

– Un percorso simile, ripetuto e indotto frequentemente, può solo creare confusione in un momento importante della crescita. I bambini non riconoscerebbero più maschio e femmina, con abbattimento conseguente dei ruoli familiari. Il rispetto va insegnato verso tutti ma qui invece si crea solo caos. –

Secondo lei ci sono dei mestieri esclusivamente maschili e dei mestieri esclusivamente femminili? Ritiene corretto parlare di “casalingo” o “calciatrice”? Lo ritiene discriminante?

– Nella norma no, anche se esistono situazioni che richiedono caratteristiche più presenti nei maschi e altre, che richiedono caratteristiche più presenti nelle femmine. Oggi tanti papà stanno a casa mentre le madri lavorano, ritengo la questione del linguaggio “discriminante” una beffa alla cultura e uno schiaffo alla parola. Di certo non è in questo modo che si superano le discriminazioni. –

Cosa consiglierebbe ai genitori che vedono proporre simili corsi ai bambini dell’asilo?

– Consiglierei di chiedere alle maestre l’utilità dello stimolare la sessualità in età prepubere e quale preparazione hanno loro in merito. Chiederei al direttore didattico se si tratta di studi pedagogici e sullo sviluppo dell’uomo, o se si tratta di violenza verso i bambini. Chiederei anche i nomi dei professionisti che hanno concretizzato questo pensiero e qual è la loro formazione, il loro curriculum. –

Qualche considerazione finale?

– I bambini devono potersi esprimere per le caratteristiche che portano e sempre sotto lo sguardo vigile dei loro genitori. Nessuno ha diritto di inculcare le proprie frustrazioni a bambini in formazione. È come piegare un albero in fase iniziale e pretendere di raddrizzarlo in seguito. –

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2015-03-11 La Croce su Il gioco del rispetto 01

2015-03-11 La Croce editoriale su Il gioco del rispetto