Mia intervista al ministro Maurizio Lupi
- 01/10/2014
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- Marco Gabrielli
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Lunedì 29 settembre il ministro delle infrastrutture e dei trasporti on. Maurizio Lupi è “passato” nella Regione Friuli Venezia Giulia per un’assemblea regionale del Nuovo Centro Destra. L’ho raggiunto per un’intervista da pubblicare sul settimanale “Vita Nuova”. Questo il testo:
Con il decreto Sblocca Italia dovrebbero riprendere i lavori per le grandi opere e, di conseguenza, dovrebbero crearsi nuove possibilità di occupazione. Ritiene che questo decreto avrà ripercussioni favorevoli sulla vita quotidiana delle famiglie italiane? In che misura?
Se non avrà ripercussioni concrete vorrà dire che abbiamo sbagliato. Io ho parlato di circa 100mila posti di lavoro. L’ho fatto non sulla base di un mio inguaribile ottimismo ma basandomi su dati concreti, i cantieri dell’Alta velocità / Alta capacità Bari-Napoli, che apriranno due anni prima del previsto, il 31 ottobre 2015 invece che il 1 gennaio 2018, daranno lavoro a 4.000 persone. Lo stesso vale per la Palermo-Messina-Catania. E potrei continuare con tutte le opere sbloccate e che devono aprire i cantieri entro date certe, Al massimo entro il 31 agosto 2015, pena la revoca dei finanziamenti. Questo nuovo metodo, vincolare le erogazioni dei fondi a date fissate, ha già dimostrato di funzionare con il Decreto del fare, ed è l’unico modo per passare dalle parole ai fatti, dalle opere sulla carta agli operai che lavorano in cantiere.
Il Nuovo Centro Destra viene accusato di essere la stampella del Governo Renzi: in percentuale quanto ritiene che abbia influito la presenza di questo partito nell’azione del governo? Può fare qualche esempio di risultato ottenuto?
Il Nuovo Centro Destra fa a pieno titolo parte di un governo che non è un monocolore Pd ma un esecutivo di coalizione. Ricordo che senza la scelta coraggiosa e responsabile di chi ha fondato il Nuovo Centro Destra un anno fa l’Italia sarebbe andata allo sbando e adesso non ci sarebbe un governo. Chi allora fece la scelta inversa adesso mostra di pentirsene. Quanto alla nostra influenza sugli atti le governo le faccio un solo esempio: la riforma del mercato del lavoro e l’abolizione dell’articolo 18. Quella che questa estate veniva bollata come una polemica ferragostana è diventata la battaglia politica centrale che distingue chi vuole veramente innovare e cambiare l’Italia dai conservatori, di sinistra o di destra che siano.
Quanto sta influendo il NCD nella Legge delega sul lavoro? Ritiene che seguire i suggerimenti di Sacconi potrà avere ripercussioni positive sulla propensione a fare impresa e a fare lavoro in un momento di crisi come l’attuale?
Assolutamente sì. Sia detto con chiarezza, il lavoro lo creano le imprese non le leggi. Ma la prima cosa che gli imprenditori chiedono alla politica è la certezza del diritto, la semplicità e la chiarezza delle regole, la possibilità di liberare risorse, l’eliminazione di quei fattori di incertezza che di fronte alla possibilità di assumere un giovane fanno pendere la bilancia sulla rinuncia in attesa di tempi migliori. La riforma del mercato del lavoro non è solo l’articolo 18, ma una vera innovazione che porterà finalmente a compimento un processo iniziato con Marco Biagi. Renzi nell’ultima direzione del Pd ha detto una cosa culturalmente molto importante: “Siamo sempre stati il partito dei lavoratori, ora diventiamo anche il partito degli imprenditori”. Credo che su questa concezione del lavoro io come cattolico e noi del Nuovo Centro Destra possiamo vantare qualche primogenitura.
Chi ha a cuore i “principi non negoziabili” teme un “autunno caldo”. Dopo, per esempio, l’approvazione a larghissima maggioranza del “divorzio breve” e la decisione di non emanare il “decreto Lorenzin” sull’eterologa aspettando una legge votata dal Parlamento c’è molto timore per quanto riguarda un accesso all’eterologa delle coppie omosessuali che le Camere potrebbero votare, l’approvazione definitiva della Legge Scalfarotto, il riconoscimento delle unioni civili anche omosessuali. Non crede che il paese abbia altre urgenze ed altre priorità?
La priorità assoluta è portare il Paese fuori dalla crisi, far ripartire l’economia e creare occupazione. I temi cosiddetti eticamente sensibili non fanno parte dell’agenda del governo, ma sono questioni sulle quali è naturale ci sia un dibattito in Parlamento. Che cosa io pensi sulla famiglia, così come riconosciuta dalla nostra Costituzione, è noto. Così come penso che nessuna forma di unione fra omosessuali possa essere equiparata al matrimonio, che i figli abbiano diritto a un padre e a una madre e non viceversa. Non sono temi da “autunno caldo” ma questioni di fondo sulle quali si basa la coesione di una società e osservo che anche in personalità cosiddette “laiche” si insinua il dubbio che non tutto ciò che la tecnica rende possibile sia di per sé eticamente lecito o un desiderio da trasformare in diritto.
Come vede il futuro del Porto di Trieste? Con quali aiuti da parte del Ministero che lei ora dirige?
Il futuro del Porto di Trieste è legato al futuro della portualità italiana. Nel decreto Sblocca Italia abbiamo inserito la riforma dei porti e della logistica e il primo aiuto che il mio ministero può dare è di realizzarla nei 90 giorni previsti. Ci vuole finalmente una visione di insieme della portualità e della logistica, che sappia fare sistema e superi anacronistici campanilismi. Non hanno senso 24 autorità portuali che si fanno concorrenza tra loro spesso a poche decine di chilometri di distanza, la competizione è globale, è con i grandi porta del Nord Europa, con Rotterdam che da solo movimenta più container di tutti i nostri porti messi insieme. Certo, in questa riforma bisogna tener conto del fatto che non tutti i porti sono uguali, che Trieste con Genova e Gioia Tauro rappresenta l’eccellenza dei porti italiani e deve essere sostengo in questo suo ruolo.
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Così l’intervista è apparsa su carta nel numero di Vita Nuova del 3 ottobre 2014:
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