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Il 2 settembre 2015 il quotidiano “La Croce” ha pubblicato questo mio scritto relativo alla possibilità di obiezione di coscienza per sindaci e funzionari comunali alla legge Cirinnà sul matrimonio omosessuale ed il riconoscimento delle coppie di fatto.

Quello che segue è il testo.

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Leggendo con una certa attenzione il testo della legge Cirinnà e le discussioni che ci sono state nelle varie commissioni, vedo che non vi è alcun richiamo all’obiezione coscienza.
Quando si parla di obiezione di coscienza viene in mente la legge 194/78 sull’aborto, la legge 40/04 sulla fecondazione assistita e la legge 413/93 sull’’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale.
È facile capire come sia stato previsto, per medici e personale sanitario, l’obiezione all’aborto che qualcuno giudica l’uccisione di un fragilissimo essere umano.
Anche per quanto riguarda la procreazione medicalmente assistita viene riconosciuto il diritto all’’obiezione di coscienza. Il personale medico e sanitario può rifiutarsi di partecipare alle procedure che, come ben noto, hanno a che fare con la vita di embrioni, presentano un elevatissimo tasso di mortalità degli embrioni stessi (ne muoiono oltre 9 su 10), con un basso tasso di successo anche per quanto riguarda quel figlio in braccio ottenuto da meno di una coppia su tre, il tutto non senza rischi per la salute fisica e psichica dei bambini così cercati ed ottenuti, della madre e della coppia.
Anche per quello che riguarda la partecipazione del personale sanitario alle sperimentazioni sugli animali è facile comprendere perché qualcuno abbia richiesto ed ottenuto una legge che preservasse il diritto ad obiettare mettendo al primo posto la propria coscienza per evitare sofferenze ritenute inutili agli animali.
Perché pensare anche all’obiezione di coscienza riguardo la legge sulle unioni civili fra persone dello stesso sesso? Perché mai un “ufficiale di stato civile”, un sindaco o un suo delegato, un impiegato comunale dovrebbero rifiutarsi di celebrare o partecipare alla pratiche burocratiche necessarie a questa sorta di matrimonio che verrà riconosciuto dalla legge e porterà ad acquisire quei diritti fino ad ora riservati alle coppie eterosessuali?
Sono molti i motivi per cui tutte queste categorie di persone possano voler obiettare.
Innanzitutto dal punto di vista umano un sindaco potrebbe avere la pretesa di non illudere gli omosessuali che credono di sposarsi, perché non formerebbero mai una vera famiglia: il loro legame non avrà mai quella diversità che unisce un marito ad una moglie. Queste “unioni” non saranno mai in grado di procreare e, per i limiti imposti dalla Natura, qualora riuscissero ad ottenere dei bambini, non saranno mai figli genetici di entrambi i coniugi. L’’unione sponsale e feconda ha bisogno dell’’alterità dei corpi: non è celebrando una parodia di matrimonio che questo limite viene superato.
C’è poi anche l’aspetto educativo: celebrando queste unioni civili omosessuali si viene a creare una mentalità: quanto risulta possibile per legge diventa poi anche moralmente lecito e possibile per tutti. Un sindaco che si rifiutasse di celebrare queste unioni darebbe un chiaro messaggio in tal senso. C’’è chi vorrebbe poter dire ““non io””.
La possibilità di rifiutarsi di celebrare unioni civili o riconoscere unioni di fatto avrebbe anche una valenza sociale ed economica perché permettere l’’accesso ai diritti fino ad ora riconosciuti alle coppie unite in matrimonio, come quelli pensionistici e di accesso ad alcuni servizi da parte delle coppie omosessuali, potrebbe provocare degli squilibri a livello sociale, economico e previdenziale. Chi si rifiuterebbe, lasciando ad altri il compito di registrare le unioni civili, non farebbe altro che dire “un “non in mio nome””.
C’è poi tutto il discorso che riguarda i bambini che potrebbero essere adottati o generati attraverso pratiche come l’utero in affitto o la donazione di seme estraneo alla coppia lesbica. Questo, anche se per ora la legge non lo dovesse prevedere, potrà sempre essere permesso in un futuro vuoi per nuove leggi, vuoi per sentenze giurisprudenziali. Un sindaco deve essere messo in grado di dire un “non con la mia firma” per amore di quei bambini.
Il diritto all’obiezione di coscienza dovrebbe essere garantito anche in altre leggi. Per quanto riguarda, ad esempio, gli insegnanti che non devono essere costretti ad insegnare teorie ideologiche che non condividono.
Da ultimo la sottolineatura che, se c’è una legge che prevede l’’obiezione di coscienza, questa è una legge ingiusta. Una legge così non andrebbe proprio approvata. Il riconoscimento della possibilità di obiettare sarebbe solo quel compromesso che è meglio evitare.

Marco Gabrielli

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2015-09-02 La Croce pagina 2 Obiezione Cirinnà