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Il 2 ottobre 2015 il quotidiano Triestino “Il Piccolo” ha pubblicato, nella pagina delle “Segnalazioni”, il seguente “Intervento” dell’avvocato e giornalista triestina Giovanna de Manzano dal titolo “Ideologia gender – Scuola estranea”.
Mi sono permesso di risponderle con il seguente mio testo che ho inviato a “Il Piccolo” il 5 ottobre. (N.B.: nel testo inviato a “Il Piccolo” non ci sono i “collegamenti” che ho voluto inserire in questa pagina per cercare spiegare meglio a cosa mi riferisco)
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Sono molti i temi trattati nell’Intervento del 2 ottobre di Giovanna de Manzano dal titolo “Ideologia “gender” scuola estranea” che meritano un commento.
Inizio da quella frase che fa un vago riferimento alla possibilità dell’adozione del figlio del partner. Come possono avere, due persone omosessuali, un figlio? La Natura impedisce loro di avere un figlio: biologicamente non può essere figlio di entrambi. Due maschi non dispongono di ovuli e dell’organo necessario per lo sviluppo dell’embrione: l’utero. Come superare questa mancanza? “Procurandosi” gli ovuli e “noleggiando” un utero. Ecco spiegata la pratica, attualmente vietata in Italia, dell’utero in affitto cui segue la “stepchild adoption”, l’ “adozione del figliastro”, prevista dal DDL Cirinnà che permette ad una coppia omosessuale di “adottare” il figlio ottenuto all’estero con l’utero in affitto, riconosciuto dal padre biologico ed infine adottato in Italia dal secondo papà. Già, un secondo papà, una possibilità prevista per legge ma biologicamente impossibile, esistente nel linguaggi, ma non nella realtà. Se la Natura prevede che ogni bambino cresca con una figura di riferimento maschile ed una femminile, con il DDL Cirinnà verrebbe negato ai bambini il diritto ad avere una mamma ed un papà. Proviamo ad immaginare le conseguenze.
Non mi soffermo sul fatto che non sia attualmente prevista la possibilità di adozione: certe norme sembrano fatte apposta perché un giudice le cancelli in nome della stessa presunta parità di diritti fra coppie eterosessuali ed omosessuali che la legge introduce. La completa parità di diritti fra coppie etero ed omosessuali è l’obiettivo finale più volte dichiarato dalla senatrice Cirinnà.
Veniamo alla scuola: nonostante l’invito rivolto dall’autrice dell’Intervento io continuo a preoccuparmi.
Non è soltanto la “sessualizzazione precoce” dell’infanzia citata dall’avvocato Giovanna de Manzano (più precoce di un gioco che fa scoprire le differenze sessuali all’asilo…), ma la perdita dei punti di riferimento necessari per una crescita equilibrata dei bambini, dei ragazzi, degli adolescenti ai quali viene insegnato che il sesso biologico che uno si ritrova non conta niente, mentre conta il “genere” che uno ritiene di avere. Questa, che qualcuno definisce “ideologia gender”, inizia a venir insegnata nelle nostre scuole. Come ha anche recentemente ribadito in un’intervista la Vicepresidente del Senato senatrice Valeria Fedeli, l’educazione di genere è già presente nella “Buona scuola” (art. 1, comma 16 e leggi in esso citate). Tutto fatto passare come prevenzione del bullismo e della violenza (che anch’io considero sempre condannabili).
L’educazione gender può essere insegnata, magari con l’ingresso di persone estranee e non abilitate all’insegnamento, anche in modo velato, come la lettura di fiabe per i più piccoli o brani di romanzi per i più grandi o addirittura problemini matematici che fanno vedere una realtà a cui non siamo abituati (Lara e i suoi 2 papà), e che questa “educazione” vuole farci conoscere e tollerare fin dalla più tenera età. Alle superiori saranno poi degli “esperti” a proseguire la formazione dei nostri ragazzi: “esperti” solo perché omosessuali che, senza la presenza degli insegnanti, spiegheranno agli studenti come si usa un preservativo nei rapporti anali, come si prevengono le malattie a trasmissione sessuale nei rapporti lesbici e ancora che il genere è un qualcosa di “fluido”. Immaginabile la confusione generata. Non insegneranno certo che in Natura l’istinto sessuale serve per preservare la specie e che l’essere umano ha la volontà e riesce a governare questo istinto; non diranno che il preservativo non ha una sicurezza assoluta e che aumentando la promiscuità e il numero di rapporti aumenta anche il rischio di contagio: sono dettagli, l’importante è insegnare a vivere liberamente ed in modo ludico la propria sessualità.
Come rispondere a questa imposizione ideologica? Ai genitori consiglio di non lasciare soli i propri figli, informatevi su tutto quello che fanno a scuola, non censurate alcun argomento, siate pronti a rispondere a tutte le loro domande. Abbiate anche un rapporto con gli insegnanti: partecipare, chiedere spiegazioni non significa non fidarsi del loro lavoro, ma avere a cuore quell’educazione dei propri figli, che anche per dettame costituzionale spetta ai genitori. Gli insegnanti non sono la cinghia di trasmissione del potere o del mercato, ma hanno un compito da portare avanti. Questo compito non è l’insegnamento di teorie che poco hanno a che vedere con la realtà essendo vere e proprie ideologie.
Da ultimo invito a chiedere formalmente alle scuole di essere informati su tutte le attività a cui i propri figli parteciperanno, in modo da poter intervenire nei modi più opportuni magari essendo attivi nei consigli scolastici che saranno rinnovati entro poche settimane: un’occasione di partecipare alla vita dei figli da non perdere.
Marco Gabrielli (@MarcoGabrielli)
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Questa è una versione più breve del mio scritto, che ho riscritto su invito dei redattori del quotidiano triestino, apparsa su “Il Piccolo” di giovedì 8 ottobre 2015.
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