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A fine ottobre a Trieste è circolata la notizia di un professore che ha rimosso il crocefisso dall’aula scolastica per protesta contro la Chiesa cattolica che, tramite un’intervista del cardinal Camillo Ruini pubblicata dal Corriere della Sera, “calpesta la sua dignità di omosessuale”.
Ho voluto sentire un’insegnante ed un genitore per questa intervista pubblicata sul sito web del settimanale “Vita Nuova” e sul numero in edicola il 31 ottobre 2014. Per completezza ho voluto riprendere una frase dell’intervista al cardinal Ruini pubblicata sul Corriere che parla a partire da dati antropologici e psicologici più che dalla teologia.
Quello che segue è il testo dell’intervista.
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“Adesso la Chiesa è considerata in ritardo perché continua a ritenere l’omosessualità non conforme alla realtà del nostro essere, che è articolata in due sessi dal punto di vista organico, psicologico e più in generale antropologico. Sarà il tempo a dire se, sostenendo questo, la Chiesa è in ritardo o in anticipo rispetto all’opinione prevalente.” A parlare così il cardinale Camillo Ruini in un’ampia intervista del 22 ottobre per il Corriere della Sera. Parole profetiche e di sfida, più basate sull’antropologia e sulla psicologia che sulla teologia. Ma parole che danno fastidio specialmente se pronunciate da chi è stato “presidente dei vescovi italiani”. In particolare queste parole hanno dato fastidio al prof. Davide Zotti, insegnante al Carducci-Dante di Trieste e responsabile nazionale del settore scuola dell”Arcigay”. Cosa fa per reazione? Rimuove il crocefisso dalla sua aula in cui insegna. “Come docente e omosessuale non posso più accettare di svolgere il mio lavoro in un luogo, l’aula, segnato dal simbolo principale della Chiesa cattolica, che continua a calpestare la mia dignità di persona omosessuale”. Un gesto simbolico, di per se stesso irrilevante (ha anche avuto la fortuna di trovare uno degli ultimi crocefissi presenti sui muri delle aule scolastiche), ma che dimostra quello che insegna quotidianamente non sono tanto le sue materie (filosofia, pedagogia e psicologia), ma altro, “ideologia” (“ideologia del gender”). Ecco a cosa educa veramente questo insegnante che strumentalizza i suoi studenti trattando i suoi problemi personali. Una accusa alla Chiesa che ha solo la colpa di ribadire delle verità che derivano, oltre che dal magistero e dalla tradizione, anche dalla legge naturale, ad opera di chi si batte per dei nuovi diritti che includono anche il matrimonio omosessuale equiparato in tutto e per tutto a quello fra un uomo ed una donna compresa la possibilità di adottare dei bambini o di accedere a tecniche di “fabbricazione” dei figli con fecondazione eterologa ed utero in affitto.
Sulla vicenda abbiamo voluto sentire l’opinione di un’insegnante, la professoressa Elena Maffei che insegna Lettere al liceo Petrarca, e di Paolo Fabian, padre di due studenti dell’ITIS Deledda e della scuola media Italo Svevo.
Professoressa, cosa pensa di questa vicenda che ha trovato ampio spazio sui media triestini e nazionali?
Posso cominciare con un sorriso? Gli intonaci delle scuole crollano, ma l’esigenza più sentita sembra essere quella di togliere il crocefisso dalle aule… comunque ringrazio il professore che mi permette di riflettere sul senso del crocifisso nell’educazione. Se posso partire dalla mia esperienza personale, nelle aule dove lavoro il crocifisso non c’è; se seguissi l’esempio del professor Zotti, potrei portarmene uno da casa e appenderlo. Il fatto è che gli insegnanti cattolici rispettano profondamente la laicità della scuola, la diversità di religioni, la sensibilità e l’educazione dei loro studenti e non lo fanno.
Cosa pensa della scuola italiana nell’anno scolastico 2014-15 da poco iniziato?
Diciamo la verità… il papa parla della Chiesa come ospedale da campo. Io vivo nella scuola che è arrivata all’Otto Settembre! I dirigenti non ci sono (fisicamente o professionalmente, il risultato è lo stesso), i genitori non ci sono, gli studenti sono lasciati in balia di insegnanti che agiscono senza nessun controllo. Quello che è successo al Carducci Dante è la punta di un iceberg.
Di insegnanti cattolici ce ne sono numerosi nelle scuole, ma forse sono timidi e poco visibili. Come potrebbero rispondere alla provocazione del prof. Zotti?
Lancio una provocazione agli insegnanti cattolici di Trieste. La croce, abbiamo il coraggio di indossarla, di portarla al collo? Che sia di legno, perché vale poco come sentiamo di contare poco noi, che sia piccola, perché Gesù è morto e risorto per i piccoli della terra, ma che sia visibile, perché le croci a cui sono stati appesi Gesù e i martiri dovevano essere viste da tutti e da questo la Chiesa è partita. Ricominciamo a rendere visibili i crocifissi, facciamone una sorta di presenza silenziosa sui nostri corpi.
Spesso i genitori sono poco presenti e delegano parte dell’educazione ai nonni. Cosa consiglierebbe loro?
Cari nonni, preferite nipoti educati alla scuola dell’eutanasia o nipoti che vi amino fino alla fine naturale della vostra vita? Oltre all’aiuto economico e materiale, trasmettete ai nipoti la fede… esercitate un po’ della santa furbizia di cui parla il papa.
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Signor Fabian, recentemente si sono tenute nelle scuole triestine le elezioni per il rinnovo dei consigli di classe e di istituto. Viviamo in un momento in cui si c’è chi cerca di introdurre nelle scuole un’educazione laicista che è in palese contrasto con gli insegnamenti cristiani anche su tematiche che non sono propriamente di competenza della scuola. Ad esempio, gli studenti vengono portati nei consultori famigliari dove viene presentato solamente l’ “aspetto ludico” della sessualità e vengono presentati esclusivamente ed in modo acritico i metodi anticoncezionali che la Chiesa non ammette. Inoltre c’è chi vuole introdurre nelle scuole dei corsi in cui viene insegnata l’ “ideologia del gender” che sostiene, fra l’altro, che ogni singolo individuo possa scegliersi il sesso. Non ho sentito di liste “cattoliche” presentate o di particolari preoccupazioni da parte dei genitori. Mi sbaglio?
In questi anni non ho sentito parlare di liste cattoliche nelle scuole. Mi sembra che nei genitori manchi la capacità di sentirsi protagonisti dell’educazione dei figli. Così diventa sempre più difficile mantenere la rotta nella evangelizzazione dei giovani. D’altra parte, la scuola in realtà lascia poco spazio ai genitori negli organi di rappresentanza. Ai rappresentanti viene chiesto un consenso esclusivamente formale.
Come pensa si possa costruire una presenza cristiana nella scuola? Come pensa si possano sensibilizzare, “svegliare” ed “organizzare” i genitori che stanno perdendo la consapevolezza che non si può delegare completamente l’educazione dei figli alla scuola e che spesso non si rendono conto di come vengano formati i propri figli?
I genitori cattolici si devono organizzare perché non ci si “salva” da soli… anche la Chiesa potrebbe esserci più vicina, se riscopre insieme ai fedeli la sua natura missionaria.
C’è già qualcosa che si sta muovendo?
Mi sembra che non si stia muovendo nulla. In questo momento i cattolici si nascondono perché si sentono giudicati. Inoltre, molte lodevoli iniziative delle famiglie e per le famiglie sono frammentate, nascoste, troppo marginali per incidere sulle realtà educative.
A cura di Marco Gabrielli
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