Infanticidio legale nei casi in cui è possibile abortire

Sul numero di marzo del “Journal of Medical Ethics” è apparso un articolo dal titolo provocatorio “After-birth abortion: why should the baby live?” (Aborto post-natale: perché dovrebbe vivere il bambino?). Nell’articolo Alberto Giubilino, (Dipartimento di Filosofia dell’Università di Milano e Centro “Monash” per la Bioetica Umana di Melbourne) e Francesca Minerva, del Centro di Filosofia ed Etica Pubblica dell’Università di Melbourne, sostengono che se l’aborto è eticamente lecito lo deve essere anche l’infanticidio, che viene definito come “aborto post-natale”.

Nell’introduzione vengono elencate alcune delle le ragioni che giustificano l’aborto, quali gravi anomalie fetali e i rischi per la salute della donna. Il manifestarsi di queste condizioni dopo la nascita, come nel caso di mancata diagnosi di patologia congenita o di asfissia perinatale, costringe i genitori a tenersi il bambino. Nell’articolo gli Autori richiamano la possibilità all’eutanasia infantile, “proposta dai filosofi per i bambini con gravi anomalie e la cui vita potrebbe essere non degna di essere vissuta” e codificata come, ad esempio, in Olanda con il protocollo di Groningen che permette l'eutanasia attiva sui bambini con prognosi infauste. Per questi casi gli Autori propongono quello che loro chiamano “«aborto post-natale», anziché «infanticidio» per enfatizzare che lo stato morale della persona uccisa è paragonabile a quella di un feto”.

L’infanticidio è proposto anche per i neonati sani, in grado di vivere una vita normale mettendo, però, a repentaglio il benessere della famiglia: “l'interesse di chi muore non è necessariamente il primo criterio di scelta, al contrario di come avviene nei casi di eutanasia.”

Gli Autori dichiarano apertamente che: “Lo status morale di un neonato è equivalente a quello di un feto nel senso che entrambi mancano di quei propositi che giustificano l'attribuzione del diritto alla vita di un individuo.” Pur essendo esseri umani e potenziali persone, non godono di un diritto morale alla vita perché non hanno aspettative e non subirebbero delle lesioni qualora questa venisse loro tolta.

Gli Autori spiegano anche che l’adozione non è una valida alternativa all’infanticidio: se un bambino è malato è meglio per lui morire, se è sano è meglio per i genitori saperlo morto senza danno, perché senza aspettative, piuttosto che saperlo vivo ed attendersi un suo ritorno.

Giubilino e Minerva concludono così: “Se il criterio come quello dei costi (sociale, psicologico, economico) per i genitori potenziali è una ragione sufficiente per abortire anche quando il feto è sano, se lo stato morale del neonato è lo stesso di quello nascituro e se nessuno di loro ha alcun valore morale in virtù del fatto di essere solo una persona potenziale, allora la stessa ragione dovrebbe giustificare l'omicidio di una persona potenziale quando è appena nata.”

L’uscita dell’articolo ha aperto animate discussioni in Italia e nel Mondo. Numerosi commenti sono stati diffusi da ambienti ed associazioni cattoliche fra cui l’Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica. Anche Avvenire vi ha dedicato ampio spazio ospitando, fra gli altri, un editoriale del neurologo Gian Luigi Gigli dal emblematico titolo “Le invasioni barbariche”. Il sito del “Journal of Medical Ethics” è stato sommerso da proteste ed ora pubblica autorevoli opinioni in contrasto con l’articolo, fra cui l’opinione del teologo Carmosy che ricorda come l’infanticidio non faccia parte di culture con tradizione giudaico-cristiana e che già nella Didache aborto ed infanticidio venivano equiparati “Non ucciderai un bambino né con l’aborto né dopo la nascita”. Carmosy afferma inoltre che Giubilini e Minerva forniscono un importante esempio di ciò che consegue al rifiuto della sacralità della vita umana e al non riconoscimento dello stato di “persona” per ogni essere umano, dal concepimento in poi. Proprio partendo da questi principi la tesi potrebbe essere ribaltata: “Omicidio pre-natale: perché si dovrebbe poter abortire?”. L’aborto non e mai eticamente accettabile per le stesse ragioni che rendono non etico l’infanticidio.

16 marzo 2012 Marco Gabrielli

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