Abortire a 16 anni per volere dei genitori

A sedici anni avrebbe voluto portare a termine la gravidanza, ma i genitori sono arrivati al punto di interpellare un tribunale minorile perché abortisse. Alla fine l’aborto c’è stato. Senza costrizione, dicono. La notizia sui giornali è apparsa corredata di dettagli, tutti da verificare, da commenti e da striscianti giudizi che meritano una riflessione premettendo che la ragazza non va giudicata per quello che ha fatto, ma ribadendo che l’aborto è sempre un omicidio.

Il giudizio che emerge è che la vita del figlio di un clandestino albanese e di una ragazza minorenne sia da annoverare fra quelle “non degne di essere vissute”. Tutto risolto con l'aborto, quindi? Certo, come si risolvono i problemi con la morte di chi li crea...

Sembra che sia stato un giudice del tribunale dei minori a convincere la ragazza ad abortire. Non si sa come abbia fatto, cosa le abbia detto perché prendesse questa decisione “autonomamente” come riferito dagli avvocati dei genitori. Sicuramente non con una sentenza: a tutt'oggi l'aborto in Italia non può essere “imposto”. Difficilmente avrà fatto il possibile per ottemperare alla legge 194/78 che richiede che venga fatto il possibile per aiutare la donna “a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza,” fossero anche economiche, sociali e familiari, promuovendo “ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”. Nessuno saprà se le sia stato proposto, ad esempio, di essere accolta in una qualche comunità o da qualche famiglia, ma difficilmente sarà andata così. Eppure qualcuno disponibile ad accoglierla si sarebbe trovato: sono in molti quelli che farebbero qualsiasi cosa pur di salvare una vita nascente. Ma la volontà omicida è quella che vince, sia che si tratti di una minorenne che vuole abortire contro il parere dei genitori sia che dei genitori costringano la figlia ad abortire.

Dai giornali emerge che la ragazza aveva già abortito con l’aborto chimico. E’ stata forse questa drammatica esperienza a farle desiderare dal portare a termine la nuova gravidanza?

Non manca anche la domanda sul come l’abbiano educata quei genitori adesso tanto pronti a ricorrere ai giudici? Le avranno insegnato cos'è l'amore vero? O si saranno limitati, sulla scia della comune mentalità edonistica, a consigliarle di avere rapporti “protetti” con il duplice scopo di evitare malattie e gravidanze indesiderate? In ogni caso hanno fallito.

Non è dato di sapere quale ruolo abbia avuto il padre di quel bambino nella vicenda. Si dice che sia stato un violento e che abbia accettato una somma di denaro per “sparire”. Anche questo non può giustificare l'aborto.

Il padre della ragazza parla di “vittoria della ragionevolezza”, si chiede “Che futuro poteva avere una relazione costruita sul sopruso, sull'irresponsabilità, sulla miseria?” ed afferma “Un figlio deve essere il frutto di una scelta consapevole; un bambino ha il diritto di avere una famiglia che lo accoglie.” Stiamo attenti! Sono argomentazioni che siamo pronti ad assimilare, che anche tanti cattolici hanno già assimilato. Iniziamo già a pensare che sia meglio che sia andata così, che l'aborto fosse la soluzione migliore, dimenticando però i diritti di quel bambino che non vedrà mai la luce.

Quale positivo può emergere da questa vicenda? Che la legge 194 è stata costruita per permettere alle ragazzine minorenni di ricorrere all'aborto anche contro la volontà dei genitori. Forse oggi i tempi stanno cambiando se i genitori cercano nella legge il modo per costringere la figlia far abortire.

Da ultimo l’affermazione “la vicenda è chiusa!” è una menzogna: il dramma dell’aborto quella ragazza se lo porterà sempre dietro. Con lei anche i suoi genitori, il padre, il giudice e quanti, tanti, ricorderanno nelle loro preghiere anche questo figlio rifiutato, chiedendo al Signore che finisca questa nuova strage degli innocenti.

(Pubblicato su "Vita Nuova" settimanale della Diocesi di Trieste il 16 dicembre 2012. Qui il link al file .pdf)

12 dicembre 2011 Marco Gabrielli

P.S.: dopo la "sentenza Sallusti", condannato a 14 mesi di carcere per aver pubblicato un articolo molto simile a questo, ho scritto le mie preoccupazzioni al direttore del settimanale "Vita Nuova". Qui trovate la mia lettera e la sua risposta.
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