Innalzamento dei limiti di età per ricorrere alla procreazione medicalmente assistita
nella regione Veneto governata dal leghista Luca Zaia

La giunta regionale del Veneto, guidata dal “governatore” Luca Zaia, ha alzato i limiti d'età per l'accesso gratuito alla procreazione assistita presso le strutture pubbliche portandolo dagli attuali 43 a 50 anni per le donne e a 65 per gli uomini. Una “scelta di civiltà” secondo l'assessore alla Sanità Luca Coletto (LN), che, con l'innalzamento dell'età afferma di voler contrastare il “turismo procreativo” rispondendo alle aspettative di molte donne. Già si parla di “effetto Nannini”, ricordando il caso della rock-star che ha portato a termine una gravidanza, peraltro eterologa, all'età di 54 anni la cui vicenda è stata ripetutamente ripresa dalle televisioni e dai rotocalchi in modo acritico se non entusiastico.

La notizia ha raccolto l'apprezzamento del Sottosegretario alla Salute on. Francesca Martini (LN) e dell'esponente radicale Filomena Gallo, vicepresidente dell’associazione Coscioni, che si augura che l'iniziativa sia esportata in altre regioni. Esponenti dell'opposizione, fra cui Claudio Sinigaglia (PD), vicepresidente della commissione Sanità del Consiglio Veneto, e Diego Bottacin, esponente di Verso Nord hanno chiesto il ritiro della delibera.

Alcune considerazioni. La procreazione medicalmente assistita è regolata in Italia dalla legge 40/04 che non prevede limiti di età per l'accesso limitandosi alla definizione “età potenzialmente fertile”. E' però consuetudine limitare l'accesso ai trattamenti alle donne con meno di 43 anni, limite fissato anche dalle linee guida della “Società Europea di Riproduzione Umana ed Embriologia” (ESHRE). Questo in considerazione della scarsissima percentuale di successo e dell'aumento dei rischio per la salute della madre e del bambino che si riscontra con l'avanzare dell'età. In particolare “aumentano i rischi di parto prematuro, di morte del feto e di eventi avversi per la gestante, che può incorrere in problemi cardiopolmonari, renali, di ipertensione e coagulazione” come ha affermato il prof. Gianni Nardelli, Direttore della Clinica Ginecologica e Ostetrica dell’Università di Padova, e membro del gruppo di esperti scelti da Zaia per studiare l'argomento.

La discussione che la delibera del Veneto ha innescato riguarda anche l'utilizzo delle risorse: allargando l'accesso fino alle cinquantenni si corre il rischio di escludere dai trattamenti donne con maggiori possibilità di successo. Inoltre se il provvedimento mirava a ridurre il “turismo procreativo” verso l'estero ora si corre il rischio di innescare dei viaggi della speranza verso il Veneto.

Come ben noto, a grandi numeri e nonostante i miglioramenti nelle tecniche e nelle terapie di supporto solamente un quarto delle madri che globalmente di sottopongono alla procreazione medicalmente assistita riescono a far nascere un bambino.

Quello che pochi sottolineano è che meno di un bambino su 10 embrioni prodotti vedrà la luce. E' questo uno dei punti eticamente più critici della fecondazione in vitro che vede la netta contrarietà della Chiesa Cattolica: per soddisfare un desiderio vengono prodotti degli embrioni che sono destinati a morire in un numero che in Italia, su base annua, sta raggiungendo quello degli aborti volontari.



19 giugno 2011
Marco Gabrielli
(per "Vita Nuova"
settimanale della diocesi di Trieste)

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