Dentro la notizia dell'intervento in utero
di una bambina affetta da spina bifida
Intervista alla dottoressa Gloria Pelizzo
La notizia era su tutti i giornali nazionali: ma la notizia non era solo che, per la prima volta in Italia e la seconda in Europa una bambina affetta da spina bifida è stata operata mentre era nell’utero della madre in una fase molto precoce della gravidanza. La notizia è che ha vinto la vita. La notizia è che una bambina non è stata abortita. La notizia è che una madre ha preferito essere operata due volte e due settimane di terapia intensiva “da urlo”, alcuni mesi d’ospedale piuttosto che scegliere di uccidere la propria figlia. La notizia è che un gruppo di medici, ginecologi, chirurghi pediatri, anestesisti, rianimatori, neonatologi in collaborazione con altri specialisti spagnoli ed americani si siano uniti in questo intervento “di frontiera” che consentirà ad una bambina di avere una vita quasi normale e ad altri bambini di essere curati.
L’intervento è stato effettuato presso l’IRCCS “Burlo Garofolo” di Trieste. La gravidanza è poi proseguita per altre 8 settimane e si è conclusa con un parto cesareo.
Abbiamo raggiunto la dottoressa Gloria Pelizzo, chirurga pediatra del “Burlo” che ha condotto l’intervento, per chiederle di spiegarci quanto avvenuto e l’importanza che riveste. La dottoressa Pelizzo, udinese di nascita, sposata con due figli, è specialista in Chirurgia pediatrica, ha lavorato presso vari ospedali europei, fra cui Marsiglia, Lione e Parigi.
Cos’è la spina bifida e quali sono le conseguenze per chi ne è affetto?
È un malformazione congenita del sistema nervoso centrale, abbastanza frequente (1 su 1.000 nati vivi). E’ un difetto di formazione della placca neurale (tessuto neurale primitivo) che si istituisce verso la 4° settimana di gestazione. La lesione si caratterizza per protrusione della membrana meningea attraverso un difetto osseo della colonna vertebrale sulla linea mediana. La malformazione si associa ad idrocefalia e ciò comporta importanti sequele: paraplegia, incontinenza urinaria e fecale. L’intelligenza è normale nel 70% dei casi.
Quali sono fino ad oggi le possibilità di cura, con che risultati e quali sono le alternative di trattamento che si prospettano quando la diagnosi di spina bifida emerge durante una gravidanza?
Poche possibilità di cura se non si interviene il più precocemente possibile. La quasi totalità dei casi viene abortita. Una alternativa alla chirurgia fetale è la nascita pretermine (32-34 settimana). I benefici sull’idrocefalia sembrano modesti. E’ necessario sempre e comunque, alla nascita, il posizionamento di drenaggio ventricolo peritoneale al fine di contenere i danni cerebrali.
In che proporzione vengono seguite queste strade?
Pochi sono i casi che riescono ad accedere ad una possibilità terapeutica sia essa in epoca prenatale sia essa in prematurità. La maggior parte dei casi viene abortita.
Come si è arrivati all’intervento?
L’intervento proposto è ancora in fase di studio. Si pone come chiara alternativa all’interruzione di gravidanza. Richiede una consapevolezza da parte dei genitori dei rischi di prematurità e mortalità del feto e dei sacrifici ai quali si deve sottoporre la mamma. Ci vuole una sincera motivazione ed una grande generosità. Sappiamo per certo che la correzione della malformazione in epoca gestazionale ancora molto precoce limita i danni della malformazione sui distretti periferici (arti inferiori) e sfinteri anali e vescicale. Blocca, inoltre, la progressione della idrocefalia. Questa è la ragione per la quale proponiamo l’intervento ai genitori che sono motivati per dare al loro figlio tutte le chances possibili per una buona riuscita della correzione del difetto.
Che risposta e che motivazione servono da parte dei genitori e della madre in particolare?
Se accompagnati in questa avventura i genitori acconsentono. L’obiettivo è il loro bambino: offrire a lui/lei il massimo delle possibilità terapeutiche. Per noi medici è doveroso dare ai genitori un messaggio di speranza pur sapendo che si tratta di una metodica che potrebbe presentare gravi complicanze (la perdita del bambino, complicanze per la mamma).
Che intervento è stato fatto?
L’intervento implica un uterotomia con esposizione della malformazione fetale e correzione di questa. Segue un successivo intervento di cesareo per l’estrazione del bambino ad una epoca gestazionale considerata non a rischio per il bambino. Naturalmente l’intervento di correzione implica un rischio di prematurità con minaccia di parto pretermine. Questa è la ragione per la quale la mamma viene attentamente monitorata in ambiente ospedaliero nel post operatorio.
Quali equipe sono state coinvolte?
Sono coinvolti tutti i servizi che ruotano attorno al problema: la diagnostica prenatale, la chirurgia pediatrica, la patologia ostetrica, la terapia intensiva, la neonatologia.
Quanti interventi di questo tipo sono stati eseguiti nel mondo e con quali risultati? Si apre una nuova prospettiva?
Una cinquantina circa, con buone prospettive per oltre il 60% di questi. Le prospettive future sono quelle di poter correggere la stessa malformazione in maniera mini invasiva, cioè in uteroscopia. Credo che i presupposti siano buoni ed i tempi quasi maturi.
Quali altre malattie possono essere curate mentre il bambino si trova ancora nell’utero materno? Avete esperienza in merito?
Le malformazioni toraciche, le patologie da briglie amniotiche (che portano ad amputazioni degli arti). Siamo in una fase di studio sperimentale in collaborazioni con altri istituti all’estero.
Ha incontrato degli ostacoli nel suo lavoro? Fra i colleghi qualcuno le ha mai obiettato che l’interruzione della gravidanza sarebbe stata una valida alternativa perché avrebbe liberato la bambina da un futuro incerto, risparmiato sofferenze alla madre e sollevato i sanitari da un lavoro particolarmente impegnativo e stressante?
L’interruzione della gravidanza viene proposta, purtroppo, come alternativa alla terapia; ma non è una terapia… . È un modo per non affrontare il problema. A noi medici spetta il dovere di prendersi cura del paziente. Nel caso specifico il feto è il nostro paziente.
Chi le è stato più vicino, l’ha incoraggiata, aiutata nelle difficoltà?
I miei figli e mio marito, gli amici.
Quale motivazione c’è dietro il suo impegno?
Il rispetto per la vita. Lo stupore, la meraviglia e la contemplazione per una vita che nasce. Insomma, il Mistero…, che sta in ogni uomo.
Marco Gabrielli
Trieste, 13 gennaio 2009.