Intervista a Chiara Pasetti Cont delle "Famiglie per l'Accoglienza"

In occasione della proiezione a Trieste del film di Emanuel Exitu

"La mia casa è la tua"


Venerdì 19 novembre 2010, alle ore 18, presso il Museo Revoltella di via Diaz 27 a Trieste verrà proiettato il documentario “La mia casa è la tua”, scritto e diretto da Emmanuel Exitu. L'incontro è organizzato da “Famiglie per l'Accoglienza”, in collaborazione con la sezione triestina dell'ANFAA, FarFamiglia, l'Associazione Famiglie Numerose e l'AGESCI e viene realizzato con il contributo del Comune di Trieste. Abbiamo intervistato Chiara Pasetti Cont, referente di Famiglie per l'Accoglienza per la città di Trieste.

Cosa rappresenta il film “ La mia casa è la tua”?

Il film vuole essere la testimonianza e il racconto diretto dell'esperienza che fanno alcune nostre famiglie, ma anche una provocazione culturale positiva sul tema dell'accoglienza e della famiglia.

Coa sono le "Famiglie per l'Accoglienza"?

E' un' associazione di famiglie nata a Milano nel 1982 all'interno del Movimento di Comunione e Liberazione, da un nucleo di famiglie affidatarie ed adottive che desideravano condividere una compagnia ed un giudizio sull'esperienza di accoglienza che stavano condividendo. All'origine di questa esperienza c'è l'incontro con l'avvenimento di Cristo sperimentato come presente nelle circostanze quotidiane della vita. L'aver trovato dentro la comunità cristiana un abbraccio totale ha permesso a tante famiglie di accogliere situazioni di bisogno.

Qual'è l'obiettivo dell'associazione?

L’obiettivo dell'associazione è promuovere una cultura dell'accoglienza, diffondere i valori che la originano e dare supporto a chi la pratica o vuole praticarla.

Accogliete figli in adozione o in affido?

La nostra storia, come ho detto prima, ha origine dall’accoglienza di bambini ma nel tempo la realtà dell’accoglienza si è spalancata anche verso l’accoglienza di giovani in difficoltà, di adulti con problemi, di persone che assistono familiari gravemente ammalati fuori sede, di ragazze madri, di anziani, di studenti...

Per fare accoglienza bisogna essere una famiglia “specializzata”?

No, non c'è una famiglia specializzata nell'accoglienza: qualsiasi famiglia può accogliere una persona da amare per quello che è. Le famiglie del film ne sono una testimonianza: l'accoglienza è una esperienza possibile per tutti.

Quanto è importante non essere soli in queste esperienze?

Tantissimo, infatti spesso, a causa della nostra distrazione, della nostra dimenticanza e della nostra superficialità ci dimentichiamo quali sono le ragioni per cui abbiamo accettato questa esperienza. Anche la durezza dei fatti può soffocare l'entusiasmo e la letizia che ha originato lo spalancare le nostre porte. Per queste ragioni è importante non essere soli nel vivere l'accoglienza, ma avere persone vicino che ci aiutino sempre a riprendere in mano le ragioni del nostro “si” di fronte alla persona che ci troviamo ad accogliere.

Come non si è soli?

La nostra storia è nata come sostegno e amicizia tra famiglie. Poi, nel tempo, si è sentita la necessità di approfondire alcuni argomenti e problematiche che si erano incontrati nell’esperienza e così si sono organizzate conferenze su tematiche culturali attinenti l'accoglienza, momenti di convivenza tra famiglie accoglienti, mini corsi di preparazione all'adozione e all'affido, e forme di collaborazione con i servizi sociali di enti locali intraprese da alcune famiglie. Tutti questi strumenti ci aiutano a sostenerci in questa esperienza.

Da dove nasce questo tentativo di rispondere al bisogno che incontrate?

La nostra esperienza nasce all'interno del cristianesimo vissuto che ci educa ad un affronto positivo della realtà. Per noi è il modo con cui Cristo ci viene incontro.

Ogni anno iniziamo la nostra attività con un pellegrinaggio in un santuario mariano (generalmente la data è la stessa in tutta Italia) per affidare alla Madonna il nostro cammino.

L'iniziativa vede l'adesione anche di altre associazioni...

Si. La proiezione di questo film è stata l'occasione per incontrare altre realtà che si occupano di accoglienza ed è stata l'occasione di riconoscimento che l'accoglienza è un'esperienza possibile a tutti quelli che credono nella famiglia.

Ci racconti della sua famiglia...

Io e mio marito abbiamo adottato cinque bambini e ognuno di loro è stato ed è tutt’ora un grande dono per noi. I nostri figli sono arrivati a casa nostra, provenienti da posti diversi, ognuno con la sua storia personale. In tutti questi anni abbiamo cercato di avere sempre presente che il nostro compito di genitori è quello di far loro compagnia e accompagnarli nella loro vita. La loro presenza, la loro diversità, ci aiuta tantissimo ad aver ben chiaro che i figli non sono una nostra proprietà non possono crescere secondo un nostro progetto, ma sono un enorme dono da custodire ed aiutare a sbocciare.

La nostra esperienza la posso riassumere in questa frase “Non dimenticate l’ospitalità: alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo” (Ebrei 13,2).

Concludo con una frase che don Giussani ci ha spesso ripetuto, e che esprime il desiderio di ognuno di noi: “desiderate sempre che chiunque vi incontri si senta finalmente a casa sua, cioè ospitato e sicuro come tra le braccia di un padre”.



7 novembre 2010
Marco Gabrielli
(per "Vita Nuova"
settimanale della diocesi di Trieste)

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